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"Nel vortice del traffico urbano, i rider sono i protagonisti di una cronaca che si svolge su due ruote.

Ogni pedalata è una storia da raccontare, ogni rider diventa un narratore silenzioso di esperienze urbane uniche."

L'affascinante mondo dei rider 

Tutto ciò che avreste voluto sapere sui rider

Un’occupazione che sta conoscendo una diffusione crescente negli ultimi anni è quella dei riders: si tratta dei fattorini che effettuano consegne a domicilio, per lo più di cibo, organizzate tramite app, come Deliveroo, Foodora e Glovo, spostandosi in bici o con il motorino. 

Il rider è una tipologia di lavoro nata con lo sviluppo del settore del food delivery che in pratica consiste nell’occuparsi della consegna a domicilio di qualsiasi genere di cibo preparato in pizzerie, ristoranti, pub, osterie e ogni altro locale di ristorazione.

Le mansioni di un rider sono specifiche perché deve attendere di ricevere un ordine e quindi di occuparsi del servizio di consegna a domicilio

Questo significa che la comunicazione avviene esclusivamente attraverso gli strumenti messi a disposizione dall’innovazione tecnologica come delle app per smartphone.

Successivamente il rider deve raggiungere il locale di ristorazione per ritirare l’ordine e quindi calcolare il tragitto per velocizzare il servizio e raggiungere quanto prima la persona in attesa della consegna. Una volta raggiunto il punto di interesse avviene la consegna al cliente e si riscuote il pagamento qualora non sia stato già pagato con servizi telematici. Per diventare rider non è previsto un percorso formativo ma occorre comunque soddisfare alcuni requisiti tra cui la maggiore età e l’aver assolto l’obbligo scolastico. Inoltre, bisogna conoscere il codice della strada e disporre di uno smartphone che permetta di utilizzare correttamente le applicazioni di comunicazione per la gestione degli ordini.

 

UN RIDER IN BICI CON DIVISA D’ORDINANZA E SACCA TERMICA JUST EAT

 

Ci siamo sempre chiesti come potessero funzionare questi servizi, di come vengano gestiti gli ordini e di cosa succeda un istante dopo aver premuto ORDINA su un'app del nostro smartphone. Così abbiamo chiesto ad alcuni di loro toglierci ogni curiosità e raccontarci come lavorano, intervistandoli e mettendo a confronto le risposte per saperne di più

Come si diventa rider?

Una ragazza che lavorava nel settore turistico racconta che l’idea le è venuta quando è stata investita proprio da un rider di passaggio, e di aver realizzato in quel momento che poteva essere una buona idea per questo periodo di riposo forzato dalla sua principale professione. Per molti è appunto un lavoro di ripiego, temporaneo, in attesa di tempi migliori, per altri un modo di guadagnare bene facendo una cosa piacevole come girare in bici nella propria città. Si fa domanda online, non servono requisiti particolari e tecnicamente non c’è nemmeno un’età limite, si ottiene risposta entro massimo un paio di mesi ma in questo momento le liste di attesa sono molto lunghe o bloccate perché c’è troppa richiesta rispetto alla reale necessità.

Che contratto ha un rider?

Ogni rider attualmente è un lavoratore autonomo.

Significa che ha aperto partita iva se già non la aveva per altri codici Ateco e rinuncia a ferie e malattie, ma gode di totale libertà di azione durante le ore settimanali. Se resta sotto i 5000€ di fatturato annuo può trattarsi naturalmente di prestazione occasionale. Da settembre 2020 grazie ad Assodelivery e il sindacato UGL è stato siglato un CCNL, di cui molti si lamentano perché ritenuto non necessario. Con il CCNL il compenso minimo è fissato in 10 euro all’ora, ci sono indennità integrative per lavoro notturno, festività e maltempo ma la verità è che arrivano in grande ritardo e le cifre sono pari a pochi euro al mese. Il compenso minimo è una novità rispetto alla mancanza di garanzie che c’era in precedenza, ma secondo molti nei fatti i guadagni sono calati rispetto a prima di settembre scorso e dunque risulta svantaggioso sotto questo aspetto. Sulla carta sono previste dotazioni di sicurezza a carico delle piattaforme come indumenti ad alta visibilità e casco per chi va in bici, copertura assicurativa contro gli infortuni e per danni contro terzi. Un rider può comunque decidere di lavorare per più servizi di delivery: è una situazione comune e consente di aumentare il guadagno sfruttando i tempi morti di ognuno o i differenti turni.

Chi decide quale rider chiamare per una consegna?

Come tutte le “cose digitali” al giorno d’oggi dietro a tutto c’è un’algoritmo. Come funziona non è dato saperlo ai rider, nemmeno all’assistenza con cui sono collegati quotidianamente per eventuali intoppi. L’algoritmo ragiona essenzialmente per prossimità: il rider più vicino dovrebbe avere la precedenza ma non è sempre così. Conta anche il mezzo su cui sei, il tipo di cibo che trasporti e altri fattori che non vengono dichiarati pubblicamente e portano a volte a piccole recriminazioni. Il rider di Deliveroo può accettare o meno l’ordine (con Just Eat tendenzialmente no, se non via chat con l’assistenza motivando il rifiuto), se per sua convenienza decide di non farlo il sistema assegna la consegna ad un altro rider e così via. Man mano che questo succede il compenso per la consegna aumenta, in modo del tutto indipendente dal valore dell’ordine stesso: un ordine rifiutato da molte persone diventa molto redditizio per chi infine lo accetta. Alcuni rider rinunciano a consegne distanti 6 o 7 km preferendo farne magari di più e a stretto raggio nello stesso periodo di tempo, ma è difficile sapere se si riceveranno davvero molti ordini o si attenderà a vuoto. Gli ordini in ogni caso vengono pagati ai rider in base alla distanza percorsa, dunque più sono lontani più valgono.

Quanti ordini si portano in giro per ogni viaggio?

Niente effetto mulo da soma: massimo due pasti, per un peso complessivo sulle spalle di pochi chili nella peggiore delle ipotesi, del tutto gestibili da qualunque fisico a qualunque età. Su ogni ordine c’è il codice del cliente, all’arrivo si verifica che il codice sull’app corrisponda a quello sul pacchetto che viene consegnato e si parte. Quasi impossibile sbagliarsi, alcuni rider lo trovano un lavoro dove si può quasi spegnere il cervello, rilassante e non impegnativo. Al termine della consegna si attende l’ordine successivo che suonerà sullo smartphone dopo minuti (o ore) oppure ci si può mettere offline terminando la sessione di lavoro, anche in anticipo dove sono previsti turni. 

Se succede un incidente o ritardo troppo la consegna e il cliente si lamenta?

Il rider non ha colpe se ritarda, se ha un incidente e non si presenta in tempo, se il cliente spazientito chiama il servizio di delivery o il ristoratore per lamentarsi. Non ci sono penali per lui o feedback negativi che influenzano il lavoro nei giorni successivi. Al limite il cliente riceve un buono sconto sul prossimo ordine, il ristoratore si accorda con il servizio delivery su come procedere per una nuova consegna.

Perché a volte invece del rider si presenta il titolare del locale a consegnare il pasto?

I ristoratori stipulano un contratto commerciale con i servizi delivery, che offrono loro il tablet per gestire le prenotazioni, oltre ovviamente alla presenza sull’app e a volte pubblicità sui social o altri canali a loro discrezione. Quel contratto può essere di due tipi: con rider o senza. Alcuni locali decidono così di consegnare per proprio conto i pasti, impegnando il titolare stesso o un proprio dipendente. Se un locale ha un contratto senza rider non potrà avvalersi della consegna del servizio delivery in modo saltuario, a meno di rivedere del tutto l’accordo commerciale. 

Cosa sono le piattaforme digitali?

Si considerano piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizzano le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione della prestazione.

Il loro inquadramento giuridico

L’inquadramento del rider, ad oggi, è disomogeneo, ed è dipeso in gran parte dalle sentenze che hanno visto coinvolte le principali società di food delivery, come Foodora, Deliveroo e Glovo. Secondo quanto stabilito dalla Commissione, i rider sono da considerarsi lavoratori dipendenti subordinati delle piattaforme digitali se ricorrono almeno due dei cinque requisiti fissati dalla Commissione medesima, perché la piattaforma venga considerata a tutti gli effetti “datore di lavoro”. 

l rider potrà essere qualificato come dipendente quando la piattaforma digitale:

  • determina il salario o prevede un tetto salariale;

  • controlla l’operato del rider, esercitando di fatto il proprio potere direttivo;

  • individua orari di lavoro determinati, o limita i periodi di vacanza, e impedisce al lavoratore di farsi sostituire;

  • stabilisce regole perentorie che il lavoratore deve adottare e prassi specifiche con il relativo obbligo di ampliamento;

  • impedisce al rider di ampliare e consolidare la propria rete di clienti.

In sostanza, sinora i riders sono sempre stati considerati come lavoratori autonomi, o al massimo come una “via di mezzo” tra i lavoratori autonomi e subordinati, e comunque pagati a cottimo, cioè per ogni consegna fatta. 

 

Quanto si può guadagnare al mese?
La vulgata sostiene che il rider sia un mestiere ben pagato, un nuovo eldorado per studenti fuorisede e disoccupati in cerca di impieghi facili. Vero in parte, ma come ogni autonomo la cifra finisce per oscillare a causa di tante variabili, una su tutte la concorrenza. Il sistema calcola la distanza complessiva che copri per ogni consegna: da dove ti trovi attualmente fino al ristorante e dal ristorante al domicilio dove consegni l’ordine. Più è lungo il percorso più vieni pagato, non importa cosa contiene l’ordine, sia un hamburger del Mc Donald’s o una cena a base di crudità di pesce.

Con Glovo si consegnano anche generi non alimentari ma funziona maggiormente nelle grandi città, a Ferrara si arriva a guadagnare circa 30-40 euro al giorno. Chi lavora per Just Eat viene pagato settimanalmente, coprendo due turni in un giorno si possono arrivare a fare 60 euro lordi, la metà se si fa ad esempio soltanto la sera. Una consegna può arrivare ad essere pagata dai 6 agli 11 euro a prescindere dal valore del cibo trasportato, ma in una giornata si fanno meno consegne rispetto altre piattaforme perché il numero di rider in giro è altissimo. 
Deliveroo paga solitamente qualcosa in meno, ma può arrivare anche a 7/10 euro per ordine. I guadagni sono più alti per ogni rider perché ne girano meno, quindi in una giornata ognuno fa più consegne rispetto la concorrenza: anche per questo ha un grado di soddisfazione molto alto tra i suoi utenti. L’app di Deliveroo consente inoltre a chi ordina il pasto di stabilire a monte una mancia per il rider, pagata in anticipo tramite carta o Paypal. Su Just Eat o Glovo le mance non sono gestite tramite app quindi chi ordina tendenzialmente non ne dà alla consegna, fatta eccezione per un numero molto ridotto di clienti, che comunque non consente di arrivare alle cifre raccolte tramite la piattaforma concorrente.

 

I rider quindi sono frustrati o soddisfatti?
I compensi in alcuni casi portano i rider a guadagnare più del lavoro precedente, quando era presente, contribuendo alla percezione di questo lavoro come un vero toccasana in periodi incerti dove tanti amici sono disoccupati o in cassa integrazione. Il contratto nazionale ha però ridotto le tariffe che venivano riconosciute e quindi è sensazione diffusa che in nome di tutele che spesso poi non trovano attuazione (e per via di assunzioni a raffica di nuovi rider), in tasca finiscano meno soldi rispetto anche solo a un anno fa. Insomma il boom di questo mestiere ha spalmato la ricchezza su più persone, così i rider si sono trovati con qualche tutela in più ma con meno lavoro da compiere e lunghe attese a vuoto tra una consegna e l’altra. Naturalmente la situazione cambia da città a città in base ai consumi e alla tipologia di offerta presente sul territorio. 

Il pagamento a cottimo e il contratto come autonomi in generale piacciono, si legano ai concetti di libertà e flessibilità che i rider si aspettano da un lavoro temporaneo come questo, dove non serve giacca e cravatta, il contatto con il pubblico è ridotto al minimo e gli orari sono quelli che ogni persona preferisce. Sicuro non persone in cerca del posto fisso tanto agognato dai genitori o del lavoro della vita. È bello pedalare e guadagnare, si rimane in forma e all’aria aperta, lo stress tutto sommato è ridotto al minimo, ma nessuno pensa di poter fare questo lavoro per più di qualche anno.

I sindacati spingono per contratti a tempo determinato, qualche servizio di delivery ci sta facendo un pensiero e probabilmente Just Eat sperimenterà questa formula in affiancamento ai rider autonomi entro la primavera 2021. Ma c’è chi storce il naso: una volta assunti i dipendenti potrebbero non lavorare con lo stesso zelo degli autonomi e la retribuzione fissa andrebbe proprio contro lo spirito di flessibilità che da sempre è associata a questa professione. 

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